L'importanza del nome

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profped
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Iscritto il: 31/05/2022, 13:20

L'importanza del nome

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riporto qui qualche riflessione sull’espressione ‘cultura tecnica’ che ho condiviso con Francesca Baroni, che martedì 28 Giugno, al termine dell'incontro alla Città Metropolitana, chiedeva un parere in merito alla denominazione del progetto, in prospettiva futura.

1) Nella scuola media, come certamente saprai, quella che oggi è la materia ‘Tecnologia’, in precedenza era ‘Educazione Tecnica’; e ancora prima ‘Applicazioni Tecniche’. Nel cambiamento della denominazione si può riconoscere il duplice intento di: a) emancipare questa materia da un retaggio storico di ‘educazione’, ovvero di materia ‘non fondamentale’ o di ‘serie B’ (proprio come si è abbandonata l’espressione di ‘Educazione Artistica’); b) rendere più esplicito e più saldo il legame con il ‘mondo tecnologico’ contemporaneo, aspetto qualificante delle nostre società e degli attuali contesti di vita, lavoro, relazione. ---- Perchè non si è usata la semplice espressione ‘Tecnica’ anziché Tecnologia? Si è assunto, implicitamente, il modello culturale che distingue, nel campo dei ‘saperi tecnici’, tra dimensione descrittiva/oggettiva (le tecniche) e dimensione riflessiva/discorsiva (la tecnologia). Modello culturale che si ritrova, per citare un filosofo molto conosciuto, negli scritti di Umberto Galimberti; secondo il quale, per così dire, la tecnologia costituisce il Logos applicato alla Tecnica, ovvero il ‘discorso sulla Tecnica’. Approccio a mio avviso condivisibile, motivo per cui ritengo che la materia scolastica abbia, oggi, la denominazione che le compete.

2) Il fatto è che nel senso comune, il termine ‘tecnologia’ conserva ancora una accezione legata a campi come: l’informatica, il digitale, la telefonia, ecc. Quindi va usato con prudenza e sempre avendo chiarito il significato che gli si vuole attribuire. (ad esempio: se in una scuola primaria le maestre - ignare delle Indicazioni Nazionali per il Curricolo - spiegano ai genitori che, in ‘tecnologia’, si userà l’aula di informatica e si faranno attività col computer, nessuno avrà alcunché da obiettare…). E anche nel mondo produttivo o delle professioni la situazione non è così diversa. Quindi di fatto è un termine che, ancora per qualche tempo, non è spendibile.

3) Invece il termine ‘tecnica’ è molto adatto per vari motivi. a) Ha una accezione largamente positiva nel senso che richiama idee come il ‘saper fare’, il ‘buon funzionamento’, l’abilità nell’eseguire un lavoro, le conoscenze teorico-pratiche sottese ad una professione, ecc. b) È un termine antico della lingua italiana, diversamente da ‘tecnologia’ che è mutuato dall’inglese, quindi meno carico di valori ideologici, di reazioni irrazionali (adorazione, rifiuto, ecc) - insomma possiede una certa neutralità; c) È anch’esso polisemico, come ‘tecnologia’, ma meno polarizzato su poche accezioni prevalenti; di fatto ha un significato che si adatta molto bene in base al contesto in cui viene usato. ----- Quindi è una sorta di contenitore nel quale, di volta in volta, può essere inserito un significato diverso: e questo aspetto lo rende molto adatto ad un progetto in cui ci si propone, tra l’altro, di modificare la mentalità di chi vi partecipa, di agire a livello di atteggiamento culturale.

4) L’espressione ‘cultura tecnica’ è un’ottima espressione per vari motivi. a) È un’espressione ‘ponte’, nel senso che tiene insieme due campi semantici - quello della tecnica e quello della cultura - tradizionalmente percepiti come distinti, e appartenenti a livelli diversi. È come se si creasse una intersezione, riconosciuta come positiva, tra due insiemi prima disgiunti. D’altra parte essa crea una certa dissonanza cognitiva in chi si considera appartenente, in senso stretto, all’uno o all’altro dei due insiemi: la persona ‘di cultura’ - da un lato - e il ‘tecnico’ - dall’altro; ma è una dissonanza utile, che può mettere in crisi quel tanto che basta a generare un (inizio di) cambiamento, una diversa apertura mentale. b) È un’espressione di fatto senza un preciso significato, che contiene implicitamente la domanda ‘Cioè?’: circostanza utile nel senso che offre ampie possibilità di essere ‘riempita’ (a condizione che si sappia come riempirla o, quantomeno, che si abbia la decisa e ininterrotta volontà di farlo). Niente di meglio per un progetto che si propone come originale e innovativo, come apripista.

5) Il binomio tra Festival Cultura Tecnica - da un lato - e Curr. della Cultura Tecnica - dall’altro - mi sembra utilissimo, sia a livello tattico che strategico. Nel primo siamo su un versante più operativo, più realizzativo, più orientato al mondo del lavoro e delle professioni; nel secondo siamo su quello riflessivo, analitico, critico - cioè siamo di più nello specifico della Scuola (termine che va sempre usato in senso, anche, pedagogico). ---- In prospettiva si potrebbe rafforzare questo binomio e rendere le due attività più organiche e interdipendenti, in una relazione più circolare, con benefici per entrambe. Per usare la metafora del Festival - che attinge al mondo dello spettacolo, delle manifestazioni - il progetto sul Curr. della Cultura Tecnica può rappresentare il substrato culturale del Festival, il suo presupposto concettuale. Anche perché: prima si studia, si approfondisce, ci si prepara, ci si organizza, si pensa… e poi si ‘fa festa’ e si manifesta.

Sono quindi favorevole a mantenere l’espressione Cultura Tecnica, nella convinzione che sia la migliore per sostenere e accompagnare gli sforzi che si faranno nelle prossime edizioni del progetto.

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